Perché MI OCCUPO DI INTUIZIONE
Ho lavorato per vent’anni in agenzie di comunicazione internazionali.
Ricordo ancora un giorno in particolare: stavo andando alla fotocopiatrice,
e sopra ci trovai incollato un foglio A4. C’era scritto:
“Se non hai un tuo progetto, finirai per essere un pezzo del progetto di qualcun altro.”
Quella frase mi colpì nel profondo. Mi fece riflettere su una delle sfide più grandi della nostra vita — come individui, come gruppi, come organizzazioni: riuscire a manifestare un’idea veramente nostra, dare forma a una visione autentica, tradurre nel concreto ciò che ci muove davvero.
Per me, l’intuizione ha proprio questo ruolo: è la bussola che ti aiuta a restare sulla tua strada, è la voce che ti orienta verso ciò che ti rappresenta davvero, è la scintilla che collega ciò che sei a ciò che fai.
L’intuizione è al servizio di un intento sacro: manifestare nel mondo reale ciò che sappiamo fare meglio, i nostri talenti, i nostri valori, la nostra verità.
Allenare l’intuizione significa coltivare uno spazio interiore da cui può emergere ciò che è autentico. Significa sviluppare le qualità che ci permettono di ascoltare quella voce profonda e sottile che sa guidarci verso il nostro miglior destino.
Come individui.
Come gruppi.
Come organizzazioni.
Perché oggi l’intuizione è una competenza chiave per i manager
Viviamo in un’epoca in cui la complessità è diventata la norma. I dati abbondano, ma spesso raccontano storie incomplete. Le decisioni rapide sono la regola, non l’eccezione. In questo contesto, affidarsi esclusivamente alla logica e all’analisi non basta più.
L’intuizione – quella capacità profonda di cogliere il senso delle cose senza passare per la via razionale – sta tornando ad essere una risorsa strategica. I manager più efficaci sanno integrare intuito e pensiero critico, unendo rigore e sensibilità, visione e ascolto.
Allenare l’intuizione non significa “improvvisare”, ma sviluppare una forma di intelligenza silenziosa che ci guida nelle scelte più complesse, ci fa riconoscere segnali deboli, e ci permette di agire con prontezza anche in territori inesplorati.
Nei miei workshop, offro strumenti pratici e metodologie sperimentate per risvegliare e rafforzare le capacità intuitive nel lavoro manageriale, con un impatto diretto su leadership, innovazione e decision making.
L’intuizione è da tempo riconosciuta come una componente chiave delle soft skills manageriali.
Già nel 1938, Chester Barnard, nel suo classico The Functions of the Executive, distingueva tra decisioni logiche e non logiche, includendo l’intuizione tra queste ultime. Herbert Simon, nel 1957, introdusse il concetto di “razionalità limitata”, mentre Daniel Kahneman ha reso celebre la distinzione tra Sistema 1 (intuitivo) e Sistema 2 (analitico). Negli anni ’60, il neuroscienziato Roger Sperry associava l’intuizione all’emisfero destro del cervello, e ancora oggi modelli come il Myers-Briggs differenziano tra personalità “intuitive” e “analitiche”.
Nonostante la sua complessità, l’intuizione continua a essere un prezioso strumento nel mondo professionale.
Oltre il 60% dei CEO dichiara di affidarsi all’intuizione nelle decisioni strategiche, e in molte circostanze, fino al 90% di queste si rivela corretto. Ma il pensiero intuitivo, per quanto efficace, è sempre stato visto con sospetto dalla scienza moderna, perché non segue le regole della logica, della misurazione e della prova. Derivata dal latino intueri – “guardare dentro” – l’intuizione si fonda sull’ascolto interiore più che sull’analisi esterna. Per questo, è stata storicamente inquadrata, analizzata, talvolta contenuta, pur di non lasciarle spazio nel regno del “mistico”.
Eppure, oggi più che mai, sappiamo che intuizione e razionalità non si escludono ma si completano.
“Intuizione è vedere con l’anima.”
Dean Koontz